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LMDV Capital compra il Twiga dal Gruppo Majestas: nasce realtà italiana leader nell'hospitality di lusso con brand iconici, 50 milioni di fatturato e 600 persone
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LMDV Capital ha firmato un accordo per l'acquisizione del Brand Twiga e di 4 location del gruppo Gruppo Majestas, che[…]
Source: Libero Quotidiano
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Medio Oriente, le notizie di oggi. Leader dei ribelli in Siria: “Stiamo andando verso Damasco”
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Source: Repubblica.it
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Missili balistici “obsoleti” dalla Corea del Nord. Cosa c'è tra le armi di Putin in Ucraina
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Pyongyang invia missili con capacità limitate ma d'impatto "significativo" a Mosca
Source: Il Giornale
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"Cosa ne pensa della lettera di Grillo a Schlein?": Conte spiana Beppe, volano parole grosse
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"Ne so quanto voi" della lettera di Beppe Grillo ad Elly Schlein: "A Grillo le battute non mancano, ma questione[…]
Source: Libero Quotidiano
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Leonardo Maria Del Vecchio compra il Twiga dal Gruppo Majestas, il Billionaire passa di mano
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L’operazione prevede l'acquisizione del 100% del brand e delle quattro location Twiga Forte dei Marmi, Twiga Montecarlo, Twiga Baia Beniamin[…]
Source: Repubblica.it
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Source: Gazzetta.it
Intervista con Urban Fabula
- Dettagli
- Published on Giovedì, 14 Gennaio 2021 15:54
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 919
Movin’ è il nuovo album prodotto dall’etichetta TRP Music firmato Urban Fabula, formazione estremamente interessante composta da Seby Burgio (pianoforte, Fender Rhodes in Jet Lag), Alberto Fidone (contrabbasso) e Peppe Tringali (batteria, voce in Manu). Movin’ è un album orientato in direzione contemporary jazz, impreziosito da ammalianti e accentuate colorazioni mediterranee, latin jazz e impressioniste, di chiara matrice europea. Ecco l’intervista gentilmente rilasciata…
E’ stato laborioso, portare a termine il vostro album, “Movin’”?
Urban: Abbiamo lavorato alacremente a questo nuovo disco cercando di curare al meglio tutti gli aspetti, da quello strettamente musicale, compositivo ed esecutivo, a quello editoriale con tutto ciò che ne comporta. Riuscire a far partire questa enorme macchina, conciliando tutti i nostri impegni non è stato semplice. Tutte le scelte operate sono state condivise e pensate per sostenere il futuro del disco e la sua promozione. I brani sono stati composti, provati, ascoltati in pre-produzione e poi registrati. Essenziale è stata la presenza del nostro amico, ingegnere del suono e co-produttore Riccardo Samperi con TRP Music, quarto uomo del trio, che ha reso poesia i suoni, riuscendo a confezionare sapientemente le nostre più intime emozioni all’interno del disco.
Un vostro brano, prima di essere portato a termine, vede più stesure o in genere, rimane abbastanza fedele all’idea di base?
Ci sono delle idee musicali che a volte fluiscono quasi naturalmente senza che ci sia bisogno di modellarle. In altri casi, per brani un po’ più compositi, si rende necessaria una continua revisione, magari attraverso la registrazione o la trascrizione. In linea generale il nostro approccio compositivo e di arrangiamento è a “sei mani”. Ognuno di noi propone delle idee che vengono poi sviluppate insieme. Tutto questo ci consente di godere, in maniera privilegiata, del punto di vista dell’altro, in una condivisione immediata, quasi “familiare”. Il concetto è che all’interno del trio ognuno di noi è sia leader che gregario, sia solista che accompagnatore, in un gioco (elemento a noi caro) di equilibrio e di rispetto dei propri spazi.
Quali pensate possano essere le caratteristiche della musica che proponete?
Movin’ rappresenta lo specchio di quello che siamo oggi come artisti e come persone, un filtro che in maniera privilegiata ci consente di manifestare, attraverso la nostra estetica e gusto musicale, tutta la nostra gratitudine. L’idea è quella di scrivere dei brani che soddisfino in primis il nostro senso creativo ed emozionale. La cura per gli aspetti tecnici cioè, deve sempre essere funzionale alla “pancia”, al significato più intimo ed autentico, alla sincerità di essere quello che sei e non la tua proiezione. Riteniamo che le caratteristiche più importanti che contraddistinguono la nostra musica siano la spontaneità e la generosità verso un pubblico, sempre rispettato e celebrato, senza schermi divisori e autoreferenziali.
Dalle vostre prime composizioni ad oggi, come vi sentite professionalmente maturati?
Abbiamo cominciato a suonare insieme in diverse formazioni e progetti nel 2008 circa. Nel 2010 decidemmo di far partire questa avventura in trio. Da allora tutto ha avuto una inevitabile e naturale evoluzione. Siamo cresciuti, cambiati e con noi la nostra musica. Il primo disco in trio omonimo, Urban Fabula, del 2011 risente di quella sana irruenza giovanile e la voglia di mettersi in gioco. Ci sono talmente tanti spunti compositivi – caratteristica che secondo noi non abbiamo perso negli anni, ma forse abbiamo imparato a gestire - che avremmo potuto, da quel disco, comporne almeno altri due! Oggi ci poniamo di fronte alla musica senza bisogno di dovere dimostrare, specialmente a noi stessi, che siamo all’altezza, liberi dall’ansia da prestazione che non fa altro che offuscare il vero obbiettivo: essere veri fino al midollo, con pregi ma soprattutto difetti, donandosi al pubblico con tutta la generosità possibile.
Un album può dirsi un insieme di colori diversi… è difficile non ricorrere sempre agli stessi colori?
A proposito di colori, a noi è sempre piaciuta la metafora dell’arcobaleno che tra l’altro ci ha ispirato nella composizione di uno dei nostri brani, Manù. Abbiamo infatti immaginato che bambini di diverse etnie giocassero insieme in un florilegio di colori differenti. Detto questo però, non abbiamo voluto prevedere un esercizio di stile per ciascun brano che confezionasse un prodotto “compiacente”, adatto a tutti gusti, ma abbiamo lasciato che la musica fluisse senza condizionamenti manieristici. È chiaro che per qualunque forma di prodotto artistico, film, libro, spettacolo teatrale, sia necessario variare ritmo ed elementi narrativi ma fa tutto parte dell’insieme.
E’ stato difficile trovare chi credesse in voi?
Risponderemo adesso con una banalità da “reality show strappa lacrime” ma probabilmente utile a coloro i quali, giovani o meno, vogliano approcciarsi a questo mestiere: le prime persone che devono credere in sé stessi siamo proprio noi! Chiaramente la sola convinzione non basta. Il tutto deve essere supportato sempre dallo studio e dalla pratica, agendo con umiltà e curiosità, rispettando i musicisti più grandi ed esperti e cercando di imparare da loro. Il gioco è questo. È solo una questione di tempo perché ti arrivino delle belle opportunità artistiche e lavorative. Noi abbiamo cominciato investendo sulla nostra preparazione come musicisti singoli e come ritmica. Presto sono cominciate le bellissime collaborazioni: l’esperienza all’interno della OJDM (Orchestra Jazz del Mediterraneo), coordinata dall’amico e collega Nello Toscano, che ringraziamo, ci ha dato l’opportunità di confrontarci anche con il meraviglioso mondo dell’orchestra, affrontando repertori anche particolarmente complessi e per lo più produzioni originali. Magico è stato l’incontro con Fabrizio Bosso, artista eclettico e persona splendida, come quello con Daniela Spalletta, artista a tutto tondo con cui abbiamo inciso un secondo album, in uscita in questi giorni per TRP Music. Anche la collaborazione con Gegè Telesforo, ugualmente longeva, è sempre stata esaltante, dandoci la possibilità di imparare sempre qualcosa di nuovo. Non possiamo citare tutti per ragioni logistiche ma ci teniamo a ricordare le esperienze più importanti: Enrico Rava, Steve Groosman, Paolo fresu, Javier Girotto, Franco Cerri, Barbara Casini, Max Ionata, Rosario Giuliani, Micheal Rosen e tanti altri che hanno contribuito a rendere con i loro insegnamenti, quello che Urban Fabula è oggi.
Quali sono le fonti d’ispirazione per la vostra musica?
Ognuno di noi ha portato nel trio le proprie influenze musicali e sicuramente ci siamo ispirati ai suoni di trio più moderni come ad esempio i Bad Plus o l’Esbjorn Svensson trio senza trascurare gli esempi immortali del trio dal quale crediamo tutti abbiamo preso insegnamento come quello di Bill Evans, Keith Jarrett, per arrivare al trio di Brad Mehldau. Venendo tutti e tre da un’estrazione classica, è stato quasi fisiologico inserire sonorità percussive classiche attraverso la batteria, pianismo classico e il suono dell’archetto oltre che quello tipico del pizzicato. Ma le nostre esperienze oltre la classica vanno dal pop al funk, dal blues al soul e quindi abbiamo voluto estendere le sonorità grazie all’uso di effetti, percussioni e in un paio di brani il piano elettrico ispirandoci a grandi musicisti come Chick Corea, Herbie Hancock, Joe Zawinul e molti altri.
L’ispirazione arriva prevalentemente da emozioni forti?
Saper definire l’ispirazione o comunque delinearne i contorni è quasi impossibile. Non esiste il libretto di istruzioni ma soprattutto la formula magica del prodotto artistico di successo. In questo disco l’ispirazione è rappresentata dal movimento, fisico, interiore o semplicemente immaginifico: stati d’animo tradotti in musica che raccontano sé stessi.
Il lato live, quanta importanza ha nella vostra musica?
Il live è il primo scopo, una indifferibile esigenza per il musicista. È proprio attraverso “l’esposizione” che hai la possibilità di mettere alla prova te stesso e la tua musica. Il palco ti da l’opportunità di comunicare in maniera diretta le tue emozioni, ti permette di coinvolgere il pubblico rendendolo protagonista unico.
Vi capita di non essere soddisfatti di qualche vostra canzone? Magari l’avreste fatta in una maniera diversa…
Se la tua domanda è inerente al live e quindi alla esecuzione più o meno riuscita di alcuni brani, la risposta è: si! “Avremmo potuto eseguire meglio quel passaggio… avremmo potuto essere più dinamici nell’altro…etc”. Nel caso tu ti riferisca ai brani contenuti nel disco, la risposta e che fino a quando non siamo pienamente soddisfatti del risultato esecutivo, sonoro ed interpretativo quel pezzo allora dovrà essere suonato ed editato fino a quando non avrà raggiunto il livello delle nostre aspettative. Consapevoli comunque che un disco è un’istantanea del nostro percorso artistico in continua evoluzione.
Immagino che la vostra musica abbia bisogno anche di ricerca e studio… magari ascoltando anche altri artisti di tutto il mondo…
La ricerca è la chiave per qualunque artista che si possa definire tale. Come per il concetto di ispirazione espresso precedentemente, investigare la musica non ha confini. Quello che facciamo noi è partire da diversi punti vista ed ascolti - già indicati prima - e dai conseguenti differenti approcci strumentali. A nostro avviso, la vera e propria ricerca deve partire dall’aspetto musicale ma non può prescindere da un approfondimento legato ai fenomeni sociali e culturali che ci riguardano intimamente.
Per chiudere, quanto è utile l’esperienza che si acquisisce strada facendo?
Diremmo fondamentale. Lo studio e la pratica sul campo sono due strade parallele ed indissolubilmente legate. Il primo elemento è indispensabile per comprendere, interpretare ed acquisire un linguaggio comune, il secondo ti consente di capire il contesto musicale, definendone i contorni e la modalità di approccio. Ci sono elementi che non si apprendono solo con lo studio. Capire cosa c’è dietro le note, suonare con intenzione, contenere la dinamica senza perdere energia sono solo alcuni dei tantissimi dettagli che impari sul campo, essenziali per chi vuole diventare un professionista. L’incontro con tutti i grandi artisti con cui abbiamo avuto la fortuna di collaborare ci ha arricchito. Plasmarsi come ritmica per entrare nel mondo musicale proposto dal leader ha significato per noi vedere la musica da un punto di vista diverso cercando comunque di essere sempre se stessi.
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