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Intervista a Giovanni Giupponi producer musicale e artista di Digital Art
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- Published on Martedì, 10 Aprile 2018 15:27
- Scritto da Ester Campese
- Visite: 455
Incontriamo oggi Giovanni Giupponi per la nostra intervista. Trentino di nascita luogo dove tutt’ora vive e lavora laureatosi al D.A.M.S./Arte di Bologna, con una personalità poliedrica e piena di mille sfaccettature, spazia nei suoi interessi dalla pittura all’architettura sfociando nel design, dalla musica alla fotografia, facendo trapelare la sua necessità di dialogo e sperimentazione utilizzando i diversi piani comunicazionali disponibili, e di volta in volta a lui più congeniali. Per ciò che riguarda l’esperienza musicale indirizzata a quella elettronica possiamo affermare che hanno un forte carattere ritmico che in qualche modo connota la personalità di Giupponi che le trasla anche nelle sue opere artistiche orientate verso la Digital Art, incluse le elaborazioni digitali di fotografie spesso di forma tubolare che sembrano un fluido scorrere.
Benvenuto Giovanni e ti faccio subito la prima domanda, come e quando nasce la passione per la musica tuo primo accostamento artistico?
La passione per fare musica, nasce una decina di anni fa, quando ho scoperto i primi software per creare brani musicali come Cubase, Native Instruments, Waves…dai quali non mi sono più separato. Le potenzialità di questi sofware unite a varie tecniche di produzione come il layering mi hanno fatto intraprendere questo percorso di composizione musicale, in particolare del mio genere preferito, il Drum e Bass. I plug in che preferisco sono i sintetizzatori Massive, FM8, Absynth e il campionatore Kontakt, con i quali costruisco la parte dei bassi e la parte melodica dei pezzi. Un altro elemento importante sono i campioni audio, Vengeance e Thomas Penton che rappresentano una grande fonte per quanto riguarda la batteria. Nella popular music la forma musicale più diffusa è la canzone. Una differenza sostanziale dalla canzone, è che la stessa si basa sulla variazione, mentre il Drum & Bass si basa sulla ripetizione; la prima ha una struttura lineare (inizio/fine), mentre la seconda ha una struttura circolare. Nella canzone e nella maggior parte della musica occidentale, la struttura musicale, si basa su melodia e armonia, mentre nel Drum & Bass, spesso, la melodia e l’armonia sono assenti, la struttura del pezzo si basa su modulazioni del suono, modulazioni della stessa nota. Il suono viene piegato, viene plasmato innumerevoli volte, grazie anche a cut off e risonanza, acquisendo una dimensione scultorea; la piega, per fare riferimento a Deleuze, come dirò meglio in seguito.
Diciamo ai lettori che nel 2016 hai pubblicato “In Line, Divine”, con lo pseudonimo di Ironstep che di fatto è stato il tuo album di debutto che contiene una raccolta di dieci pezzi di Drum & Bass da te composti. Come è stata questa esperienza che poi ti ha portato a firmare un contratto discografico con l’importante etichetta Hit Beat Records, specializzata in musica elettronica?
Per quanto riguarda In Line, Divine, pur essendo un album Drum & Bass, presenta diverse influenze Metal, che è una cosa piuttosto insolita per questo genere. Basti pensare alla title track dell’album In Line, Divine, dove all’inizio, vi è presente una voce Death Metal, che è la mia. Questo esempio e altri elementi come sintetizzatori che sembrano chitarre distorte, l’uso di colpi di cassa ravvicinati come il doppio pedale nella batteria Metal, l’impatto del rullante e della cassa, l’uso degli half-time, mostrano delle influenze Death Metal, Trash, Power Groove…influenze che nel Drum & Bass di solito non sono presenti, in quanto sono due mondi piuttosto lontani, ma che possono benissimo comunicare tra loro. Per quanto riguarda il titolo dell’album, In Line, Divine è composto da due termini antitetici e allo stesso tempo affini, In Line significa in linea, conforme, mentre Divine significa divino, qualcosa di straordinario. Tutto quello che vediamo ci sembra normale, conforme, ma in realtà ogni cosa è qualcosa di straordinario, di divino, tutto è In Line, Divine…Dal punto di vista metrico, il titolo è costituito da una rima interna. Nel 2018, dopo molto lavoro sul mix e sull’arrangiamento, firmo un contratto discografico con l’importante etichetta discografica torinese Hit Beat Records, specializzata in musica elettronica, con la quale, pubblico il mio secondo album, Time Bomb. Il nuovo album, non è più soltanto Drum e Bass, ma comprende anche altri generi musicali, come la Progressive House, Breaks, Dubstep, Techno e Downtempo. Il suono è più pulito, definito e cristallino. L’impatto è sempre quello di In Line, Divine, forse ancora più incisivo, ma è anche un album più variegato e melodico. La copertina è sempre opera mia.
Come mai poi hai “dirottato” se così si può dire, verso l’Arte Digitale con contaminazioni che ti hanno fatto affacciare anche nel mondo del design, che devo dire ti riesce benissimo, ho visto dei tuoi lavori davvero notevoli.
Grazie per i complimenti! Diciamo che dal 2014, ho cominciato a dedicarmi anche alle arti visive, occupandomi di pittura, elaborazioni digitali, fotografie e anche di design. Passare dalla musica ad altre forme artistiche è stata una cosa naturale, nel senso che scrivere un pezzo musicale o fare un quadro non è poi così diverso…Quell’impatto, quella potenza, quella velocità che caratterizza la mia musica, la puoi trovare anche nelle mie opere pittoriche…Fare fotografie ed elaborarle al computer è diventato un grande mezzo espressivo che mi consente molteplici configurazioni, dalle forme organiche al minimalismo, dal geometrismo all’astrattismo. Le stesse immagini digitali, le ho poi trasposte nel design, come nel tavolino con intelaiatura di ferro nero laccato lucido e piano in vetro stampato, o come nei cuscini e nei tessuti, anch’essi stampati.
Ho letto che il tuo impulso creativo è di tipo introspettivo/filosofico che in particolar modo si rivolge verso una infinita piega (“La piega, Einaudi, 2004” di Gilles Deleuze) e Zaha Hadid ce ne vuoi parlare?
“Il Barocco produce di continuo pieghe. Non è una novità assoluta: si pensi a tutte le pieghe provenienti dall’Oriente, o alle pieghe greche, romane, romaniche, gotiche, classiche…Ma il Barocco curva e ricurva le pieghe, le porta all’infinito, piega su piega, piega nella piega. Il suo tratto distintivo è dato dalla piega che si prolunga all’infinito” (G. Deleuze, La piega, Einaudi, 2004, p. 5). Affascinato dalle potenzialità espressive della piega, o della curva, elaboro in tal senso la mia ricerca sull’organico. Le mie composizioni richiamano alla mente le “pieghe dei venti, delle acque, del fuoco e della terra, e pieghe sotterranee” (G. Deleuze, La piega, Einaudi, 2004, p. 10) ed altro ancora. L’oggetto della mia indagine è la curva che varia di continuo, attingendo anche dal caos metafisico di Deleuze, dell’irregolare e dell’incalcolabile, come nell’architettura parametrica, tesa a creare configurazioni fluide e biomorfe (Zaha Hadid). Il biomorfismo è una tra le forme iconologiche più importanti dell’architettura e dell’arte. Il modello può essere il corpo umano (antropomorfismo), il mondo animale (zoomorfismo), il mondo vegetale (fitomorfismo). Il riferimento alla biologia, risponde a una idea di architettura come organismo “vivente”. Sia che si tratti dei raffinati “esoscheletri” di Santiago Calatrava, sia che si tratti di “pelli” in grado di far “respirare” l’edificio e sintetizzare l’energia solare (torre Agbar a Barcellona), sia che il riferimento sia più superficiale (Kunsthaus a Graz, Selfridges a Birmingham), oppure mirabilmente iconologico (Stadio Olimpico di Pechino “the net”), il circolo mimetico e metaforico tra uomo e natura si rinnova in architetture sempre più evolute: la massima “naturalità” organica dell’universo biologico, con la massima “artificialità” tecnologica. La ricerca sull’organico, è più evidente e facilmente riconoscibile nella parte pittorica dei miei lavori.
Ci vuoi raccontare della tua esperienza come artista come painter che sviluppa la sua ricerca per la forma organica ma non da meno il minimalismo, il geometrismo e l’astrattismo?
Nella serie Tubular, sviluppo il motivo delle forme tubolari tridimensionali, che hanno la forza e la spontaneità della gestualità dell’Informale con un’organizzazione spaziale più vicina all’architettura parametrica o alla computer grafica, donando a queste opere una dimensione scultorea. In questo caso, prevale il concetto di accelerazione delle forme, che con scarti di direzione, si evolvono, si dilatano e sembrano metallo liquido. In questi lavori, è sempre presente la forma a serpentina, come in alcune opere di Zaha Hadid (Maxxi, Heydar Aliyev Cultural Centre…).
Nella serie Organic, prevale il senso di rallentamento. Anche queste opere presentano una forte tridimensionalità e rimandano sempre a delle strutture organiche, che possono ricordare la pelle di un serpente oppure una colonna vertebrale di qualche essere sconosciuto. Si tratta sempre di forme fluide e biomorfe.
Nella serie Casting, invece, “la materia presenta così una tessitura infinitamente porosa, spugnosa o cavernosa, senza presentare vuoti, ma simile semmai a una caverna nella caverna: ogni corpo per quanto piccolo, contiene un mondo, poichè è percorso da passaggi irregolari, circondato e penetrato da un fluido sempre più sottile. L’insieme dell’universo è simile a uno stagno di materia nel quale vi sono differenti flutti e onde.” (G. Deleuze, La piega, Einaudi, 2004, p. 8.)
Ci vuoi anticipare qualche tuo progetto futuro che hai in animo di realizzare?
Attualmente sto lavorando al mio sito web che a breve sarà on line e sono già al lavoro per il terzo album che sarà sempre pubblicato da Hit Beat Records. Naturalmente proseguirò anche con la mia attività artistica di pittura, elaborazioni digitali, foto e design.
Salutiamo Giovanni Giupponi ringraziandolo per questa intervista e rammentiamo ai nostri lettori che volessero sapere di più di te e delle cose che fai, dove possono farlo.
Ti ringrazio io per la gradita intervista e qui di seguito aggiungo i link delle mie pagine web.
www.facebook.com/giovanni.giupponi.5
https://soundcloud.com/ironstep
https://itunes.apple.com/it/album/time-bomb/1353106252
Intervista di Ester Campese