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Source: Il Giornale
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Source: Gazzetta.it
Intervista con i Question Market
- Dettagli
- Published on Mercoledì, 10 Gennaio 2018 08:42
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 1146
I Question Market, sono un quartetto toscano composto da Giovanni Benvenuti al sax tenore, Federico Carnevali alla chitarra, Giovanni Miatto al basso elettrico, Saverio Cacopardi alla batteria. Hanno pubblicato recentemente il disco omonimo per l’etichetta Emme Record Label. Ecco l’intervista gentilmente rilasciata…
Domanda d’obbligo: come sono nati i Question Market?
Il nostro gruppo è nato circa un anno fa ma già ci conoscevamo da tempo sia musicalmente che umanamente ed avevamo già una lunga storia di collaborazioni in numerosi contesti, abbiamo anche condiviso parallelamente il nostro percorso formativo all’accademia Siena Jazz. Quindi quando abbiamo iniziato a provare in qualche modo eravamo già affiatati e non è stato difficile trovare una sonorità d’insieme.
C’è voluto molto tempo per preparare il vostro nuovo lavoro discografico?
In termini di tempo non moltissimo perché quando ci siamo trovati il repertorio che volevamo incidere era già scritto e necessitava solo di essere rodato. Tuttavia in questi pochi mesi ci siamo impegnati a provare tantissimo e con costanza, anche in trio e duo se un membro della band era impegnato, in modo da arrivare ad avere il repertorio a memoria e totale sicurezza sulle strutture.
Avete molti live all’attivo? In genere, sono una sorta di “battesimo del fuoco” per molte band…
Cerchiamo di suonare in giro il più possibile, anche perché in ambito jazzistico è il modo migliore per far ascoltare la propria musica. Abbiamo già presentato il disco in numerosi club ed abbiamo altri concerti programmati per questo anno, tra cui uno ad Istanbul a fine marzo.
Con quale criterio avete scelto le canzoni da inserire nel disco?
Abbiamo portato dei brani che avevamo scritto che ritenevamo adatti alla band e li abbiamo eseguiti; se funzionavano bene, altrimenti li abbiamo modificati aggiustando un passaggio o una frase fino a che non trovavamo la forma che più ci piaceva. In ogni caso non abbiamo mai scartato un brano.
Ci sono state delle canzoni rimaste nel cassetto?
Il repertorio del gruppo adesso è molto più ampio, tanto che già potremmo farne un altro album. Ci sono molti brani che suoniamo dal vivo che sarebbe bello registrare ma per un ascoltatore è bene che un disco abbia una lunghezza non esagerata e quindi sarebbe stato uno spreco allungare il nostro disco.
Quando scrivete le vostre canzoni vi piace prender ispirazione anche dal cinema, dalla letteratura e dall’arte in genere?
Ogni altra forma d’arte, oltre che la vita stessa, può fornire suggestioni in grado di ispirare la composizione. Può essere anche solo il titolo o può essere il brano stesso, magari immaginato come colonna sonora ad un film o ad un libro.
Qual è il vostro rapporto con la tecnologia applicata alla musica?
In generale credo semplicemente sia un mezzo, uno strumento, con cui ottenere dei suoni; se il risultato è buono lo strumento è stato usato bene. Nel nostro lavoro c’è un utilizzo limitato della tecnologia applicata al suono, solo l’utilizzo di due strumenti elettrici (basso elettrico e chitarra) e l’applicazione di amplificazione e di effetti a questi due strumenti, ma siamo aperti a nuove possibilità senza metterci paletti.
Quali sono le esperienze che maggiormente vi sono rimaste nel cuore fino ad oggi?
Come gruppo indubbiamente il primo concerto: avevamo iniziato a provare da pochissimo quindi abbiamo fatto molti errori ma l’energia e l’entusiasmo erano tali che il pubblico ha risposto con enorme calore. Poi molti concerti successivi, come quello al Milleluci di Rimini, dove ormai eravamo rodatissimi ma sempre con grande entusiasmo. In generale siamo felici di presentare la nostra musica ed il pubblico lo avverte. Poi i viaggi in macchina, con ore di battute surreali e risate.
Quanto di innovativo pensate possa esserci nella musica che proponete?
Non ci preoccupiamo molto di scrivere musica innovativa ma di scrivere musica che ci piace: se poi risulterà innovativa tanto meglio ma a noi interessa che sia sincera e che susciti una reazione positiva nel pubblico. Come diceva Massimo Urbani l’avanguardia è nei sentimenti. In ogni caso abbiamo un sound molto personale frutto di una sintesi di molte influenza, quindi penso che la band abbia una sia personalità definita.
Come vedete l’attuale scena musicale italiana?
La scena musicale in Italia, specialmente in ambito jazzistico, è molto difficile. La proposta è validissima, con artisti di altissimo livello e con grande preparazione, ma il musicista è vessato da mille difficoltà e preoccupazioni, oltre che dall’oggettiva difficoltà di trovare il proprio spazio. Ci vorrebbero molte riforme per migliorare la questione.
E a livello nazionale ed internazionale… stiamo uscendo dal periodo di crisi (o secondo alcuni, di profonda trasformazione) discografica?
Ormai il disco è un supporto per appassionati del supporto fisico, la maggior parte delle persone acquista la musica online o la ascolta sulle piattaforme streaming, col risultato che le vendite sono molto basse. Parallelamente vi è una produzione sterminata di dischi nuovi. Di sicuro stiamo tornando ad una predominanza della dimensione dal vivo a discapito del supporto fisico, con i pro ed i contro che questo comporta.
Fare musica spesso è considerato come una necessità?
Indubbiamente non è una necessità pratica, proprio per quanto scritto prima, ma è una necessità psicologica o spirituale. Se uno non avesse questo bisogno probabilmente farebbe altro. Un musicista di solito vede la musica come qualcosa di inalienabile da sé.
Che importanza riveste oggi l’immagine per chi fa musica?
Riveste una grande importanza e i jazzisti spesso sottovalutano questo aspetto. Noi non ci siamo costruiti un look o cose del genere, ma per rispetto della musica, del pubblico e di noi stessi, ci presentiamo dal vivo sempre con un occhio di riguardo al vestiario, in modo che gli occhi disturbati non tolgano attenzione alle orecchie.
Quali le canzoni e gli artisti che più vi hanno fatto desiderare di fare musica attivamente?
Tutti noi ascoltiamo molta musica di differenti genere, ma abbiamo un punto di incontro nel jazz contemporaneo. Abbiamo gusti anche divergenti, chi più amante dell’avanguardia chi più della tradizione, ma è una risorsa perché ci permette di avere nuovi stimoli e non fossilizzarci.
Per chiudere, quanto è utile l’esperienza che si acquisisce strada facendo?
Molto utile, ogni passo che facciamo ci insegna qualcosa. Sta a noi far tesoro di quanto appreso.