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Intervista con Rosario Bonaccorso

Uscito per Jando Music / Via Veneto Jazz, disponibile sulle principali piattaforme digitali e in copia fisica, A Beautiful Story è il nuovo progetto discografico realizzato da uno fra i più apprezzati e autorevoli contrabbassisti jazz e compositori italiani: Rosario Bonaccorso. Il musicista di origine sicula ha scelto ad hoc tre fulgidi talenti del panorama jazzistico nazionale per questo suo lavoro: Dino Rubino al flicorno, Enrico Zanisi al pianoforte e Alessandro Paternesi alla batteria. Ecco l’intervista gentilmente rilasciata dall’artista…

E’ uscito il tuo album, “A beautiful story”. Un disco che segue una trilogia dedicata al viaggio… Una pagina totalmente nuova, quindi?
Si, mi piace pensare che ogni cd è una pagina nuova ed ogni pagina è una pagina necessaria. Come giustamente citi nella domanda, nei precedenti tre cd ho portato in musica il mio Viaggio nella vita, esplorandone tre diversi aspetti, ho registrato i “Ricordi del Viaggio” nel cd Travel Notes, il “viaggio dentro me stesso” nel cd In Cammino e per ultimo il “viaggio nei luoghi del mondo e nei luoghi dell’Anima” col cd Viaggiando .. è stata una bellissima avventura. Nel 2017 col nuovo album A beautiful Story sono entrato nel territorio delle emozioni, una terra affascinante e piena di frutti. Tutti i dodici brani del cd hanno un forte riferimento emotivo e li raccolti sotto questo titolo evocativo per fissare ricordi e momenti speciali, che voglio condividere con chi ascolta la mia musica.

Sono tante e prestigiose collaborazioni presenti nei tuoi album. Segno che, nel corso degli anni, tanti artisti hanno iniziato ad apprezzare il tuo lavoro?
Da oltre trentacinque anni ho vissuto e creduto nella musica jazz. Vivere facendo solo il concertista di jazz non è facile, specialmente all’inizio del percorso (non insegno musica e non faccio altri lavori) ma con grande impegno sono riuscito a costruirmi una carriera di rispetto e ci sono riuscito proprio perchè tanti artisti hanno sempre apprezzato il mio lavoro. Fino ai cinquanta anni di età mi sono dedicato a suonare nei gruppi degli altri, in gergo si dice “fare il sideman”, in alcuni casi era una collaborazione di poche settimane collegata ad un tour o ad una incisione, in altre situazioni era come vivere in una famiglia, ho fatto parte di band che sono rimaste insieme anche molti anni, vedi con Stefano Di Battista per ben dieci anni o come con Enrico Rava, per otto anni. In questi miei 35 anni di attività ho inciso oltre settanta cd per prestigiose etichette discografiche ECM, Blue Note, Jando Music, PDR, Verve,CAM al fianco di importanti artisti italiani e d' oltreoceano, da Enrico Rava a Stefano Di Battista, da Roberto Gatto a Stefano Bollani e molti altri ancora, ho avuto modo di registrare con leggende del jazz come Elvin Jones o Kenny Barron o Claude Nougarò…e poi le collaborazioni nei concerti e nei tour, dove ho avuto la fortuna di suonare con personaggi come Pat Metheny, Michael Brecker, Joe Lovano, Billy Cobham, Clark Terry e molti altri.
Quando poi, dal 2008 mi sono presentato al pubblico come Band-leader e ho cominciato a registrare le mie composizioni (che tenevo nel cassetto già da tempo) era arrivato il momento giusto per chiamare al mio fianco molti di quegli artisti con cui avevo già condiviso lunghi percorsi musicali; ecco perchè nei cinque cd usciti a mio nome dal 2009 si possono ascoltare Andrea Pozza, Stefano Di Battista, Fabrizio Bosso, Andy Gravish, Nicola Angelucci, Javier Girotto , Roberto Taufic… Per questo ultimo album uscito nel gennaio del 2017 “A Beautiful Story”, ho rivolto l’ attenzione ad alcuni giovani volti del firmamento jazz italiano e penso di aver trovato tre dei migliori esponenti. Con Dino Rubino (flicorno), Enrico Zanisi (piano)ed Alessandro Paternesi (batteria) è intesa pura e divertimento musicale assicurato, suonano magnificamente e sono perfetti per la mia musica. Fra l’altro ho scoperto un altro lato positivo del tempo che passa, arrivati alla mia età è bello cominciare a supportare nel loro cammino giovani e bravi musicisti, così come altri artisti avevano fatto con me trenta anni fa.

La tua passione per la musica è qualcosa che parte da molto lontano?
Si, è una storia che nasce all’età di sedici anni. Ho cominciato a suonare il basso elettrico da autodidatta, come molti musicisti della mia generazione e i miei idoli del tempo erano i Led Zeppelin, Genesis, King Krimson, PFM, quei gruppi che ora chiamiamo Progressive Rock Band. A quei tempi, negli anni settanta, era la musica che ascoltavamo noi giovani, perchè era il nuovo stimolante linguaggio musicale. Dopo il servizio militare mi sono appassionato al jazz ed il contrabbasso da quel momento è stato il protagonista del mio percorso di scoperta senza limiti nella musica. Mi sono dedicato totalmente al jazz, volevo viverlo in pieno e scoprirne i linguaggi, erano tanti, ma mi sembrava giusto conoscerli tutti e mi sono immerso nella vita del musicista di jazz. Queste esperienze di studio, pratica e di ascolto sono state la mia unica scuola, quella principale, ho cercato di suonare tantissimo, dal jazz della tradizione, al jazz contemporaneo, con centinaia di artisti. Questa è una esperienza che dovremmo offrire a tutti i giovani che si affacciano al mondo del jazz, perchè solo dopo aver assimilato tutto quel che puoi, finalmente riesci ad esprimere il tuo pensiero in modo appropriato e contemporaneo.

C’è un filo comune che lega le canzoni del nuovo album?
Certo, sono tutte .. Beautiful Stories (belle storie) che ho vissuto nel tempo, sono legate a momenti che mi hanno emozionato e rappresentano attimi speciali di vita, storie “magiche” che mi hanno ispirato le melodie contenute nel cd. Alcune di queste mi hanno toccato profondamente nell’intimo, mi hanno segnato nel bene e nel male, perchè alcune hanno provocato difficili scelte di vita, diverse da quelle che pensavo di fare, portandomi però alla fine ad essere me stesso e l’uomo che sono.



L’impressione è che uno dei problemi della musica odierna stia nel fatto che molti artisti vogliono bruciare le tappe. Sarebbe invece bene che il successo arrivasse passo dopo passo, all’insegna della giusta esperienza?
Concordo in pieno, come scrivevo prima, penso che il tempo, l’applicazione, l’esperienza e molto altro creino e completino la storia di un artista. Andare in fretta non fa sempre bene. Permettimi quindi una metafora, credo che il fiume debba arrivare al mare seguendo il giusto percorso, il giusto tempo, quello che la natura gli ha assegnato, ma … quando gli costruiamo argini perchè lo forziamo in direzioni diverse o ancor peggio vogliamo che scorra più velocemente, molte volte il risultato non è buono...

La scuola cosa può fare per il mondo della formazione musicale e per insegnare magari il rispetto verso chi svolge l’attività artistica musicale?
La scuola in senso generale può fare molto, ma la mia risposta alla tua domanda è:
solo la nostra scelta di dove collocare la musica nella società può insegnare il rispetto della stessa. Osservo con attenzione quello che succede in Italia e a mio parere, parlando del settore jazz, che conosco bene, l’Italia avrebbe molto da imparare dai nostri cugini francesi, ecco la mia esperienza...
nei dieci anni (1998-2008) in cui ho praticamente vissuto a Parigi ed in Francia, per via del grande successo avuto dalla band di Di Battista e per via delle continue collaborazioni con artisti francesi, la cosa che più mi stupiva positivamente era di incontrare ai concerti jazz in Teatro, nelle rassegne, nei jazz club, tantissimi giovani! Si, giovani dai 15 ai 25 anni, un Target di pubblico che in Italia è raro incontrare. Questo perchè in Francia il Jazz è un bene culturale salvaguardato dallo Stato, sponsorizzato dallo Stato, in cui investe e in cui si confronta come patrimonio musicale. Si parla di jazz sempre e ovunque, lo conoscono e lo amino i giovani già dai primi anni di scuola, e fammi fare una battuta, molti anziani sanno che Sidney Bechet suonava jazz e non è una marca di cioccolatini. Nella sola Parigi mi pare ci siano venti stazioni Radio che trasmettono jazz a tutte le ore, in tv si possono gustare concerti jazz in orari “giornalieri” senza aspettare orari da “panettieri” , ma soprattutto, ed ora arriva la cosa importante riguardo al “rispetto”, esistono tutele sociali per gli artisti, che sono protetti e salvaguardati socialmente come una parte attiva della produttiva Francia… ultimo ma non ultimo, le persone parlano dei musicisti con apprezzamento per il loro ruolo nella società, con ammirazione, rispetto e gratitudine… non credo che si debba aggiungere altro.

Quando lavori ad un nuovo brano sei piuttosto autocritico?
Sono un istintivo nella creazione compositiva e mi piace essere critico nella realizzazione pratica del progetto; mi spiego meglio, quando ho in testa una idea musicale, dopo averla “catturata” e fissata nei punti chiave, già me la immagino come brano finito, (lascio fuori la parte improvvisativa), ma lavoro al mood generale che voglio dare al nuovo brano. E così, dal momento in cui entro in studio o sul palcoscenico, incito i miei collaboratori con spunti interpretativi per realizzare insieme a loro quello che nella mia testa ha già una forma. Quando sono contento della forma comincio a prestare attenzione alla freschezza improvvisativa della band per coglierne la bellezza e qui entra in gioco il senso critico e autocritico. Altra cosa importante, in studio evito di ripetere troppe volte i brani, perchè si rischia di perdere inventiva. Per fortuna molte volte capita, come in questo ultimo cd, di dire: buona la prima!

Come pensi si sia evoluta la figura del compositore nel corso degli anni?
Osservando la storia degli ultimi cento anni di musica, ma concentrandomi nel campo d’azione più vicino alle mie corde, cioè quello del jazz e della musica moderna, è indubbio che per i compositori contemporanei si sono aperte nuove strade rispetto ai colleghi del primo‘900. Pensiamo solo alla musica da film che a partire dagli anni trenta del secolo scorso è diventata un business immenso, o la musica per il Teatro, per la pubblicità, per la televisione. Per accontentare le richieste gli ultimi anni di storia ci hanno fatto scoprire nel mondo migliaia di compositori, molti di loro hanno saputo ritagliarsi ad Hoc un posto di rilievo, riuscendo a creare la propria firma con nuovi stili e nuove forme. Innovandosi e rinnovandosi continuamente sono riusciti a creare un linguaggio dove convivono la musica classica e la musica jazz, il pop, la musica etno, in una contaminazione di stili e generi che quando è basata sulla alta qualità dei compositori , degli arrangiatori e infine degli esecutori fa bene alla musica. E alla fine, come 400 anni fa … dopo aver ascoltato solo poche note, di alcuni di loro riusciamo a riconoscere il tratto artistico e la propria identità musicale.



Oggi si parla tanto dei talent… Credi siano utili ad un giovane artista, per farsi conoscere?
Immagino che ti riferisca ai Talent Show che riempiono i palinsesti delle Tv , ti confesso che non li seguo e non li ho mai seguiti, forse mi son perso qualcosa? :)
E’ scontato dire che apparire in televisione ti fa conoscere subito dal grande pubblico (della televisione) ed è risaputo che comparire in TV in modo continuativo, come succede a questi ragazzi, è sicuramente lo strumento più veloce per aumentare in modo esponenziale la propria immagine a livello popolare. Ho solo il dubbio che molte volte l'artista che è dentro il talento di turno, per via dell’età e della poca esperienza musicale, non sia ancora in grado di reggere il colpo del successo, cioè quello di essere “lanciato” sul mercato in fretta, questo a mio parere è il lato negativo, perchè si creano dei personaggi che non hanno avuto modo di maturare musicalmente e pensano che sia normale arrivare al successo in fretta. Ho conosciuto alcune persone che hanno vissuto l’esperienza del Talent show, ebbene parlavano come se fossero già arrivati sulla cima della loro carriera, beh.. sentire certe cose da un giovane di 20 anni mi ha fatto effetto, parlavano con me solo di business, ma mai di… musica… che dire? ai posteri l’amara sentenza! Comunque, in cuor mio spero che questi giovani Talenti, quando si saranno i grandi riflettori mediatici puntati su di loro, continuino ad amare la musica e soprattutto tornino ad imparare per migliorare, perchè in musica non si finisce mai di apprendere.

C’è un momento della giornata in cui più facilmente arriva l’ispirazione?
Per me quel che conta è prendere tempo per se stessi durante la giornata, questo è molto importante sotto l'aspetto compositivo. Penso che l'ispirazione arrivi solo quando sei in contatto con te stesso e con il tuo strumento, quando si è l'uno per l'altro scatta qualcosa, quel qualcosa che bisogna essere in grado di prendere, al volo! Tutto questo può succedere in ogni luogo ed in ogni momento, alle sei del mattino, dopo il pranzo o alle 11 di sera, perchè è lei, la signora ispirazione che decide quando arrivare, dobbiamo solo preparare le condizioni per catturarla.

La crisi economica sta impattando in qualche modo, anche verso il mondo della musica?
Caro Andrea, più che dire in qualche modo, dico in modo diretto e concreto. C'è una grande sofferenza nell'ambiente musicale ed in particolare nel mondo della musica jazz.
Ai primi spauracchi di crisi i primi a soffrirne sono sempre stati i musicisti ed il loro ambiente, i primi ad essere tagliati sono sempre stati i contributi per lo spettacolo, purtroppo questo è un lato debole del meccanismo sociale italiano, dove la cultura (parlo della musica jazz in particolare) non rappresenta un importate baluardo della dignità umana nonchè notevole creatrice di indotti economici importanti, ma è vista solo come un qualcosa in più, quasi come un diversivo. Quella di far patire la cultura e di fargli pagare il prezzo della crisi è purtroppo una scelta politica, una scelta che speriamo cambi presto perchè bisogna creare strategie di salvataggio, prima che sia troppo tardi. Negli ultimi dieci anni osserviamo lo sfaldamento di centinaia di piccole e medie rassegne musicali di jazz che creavano un notevole interesse culturale, diffondevano buona musica e vivevano grazie a piccoli contributi statali, che ora sono stati ridotti a zero e nonostane l'impegno forte e costante degli operatori che ci credevano, hanno duvuto chiudere. Dovremmo anche citare la crisi del settore discografico, cominciata almeno quindici anni fa, quando hanno preso il sopravvento i primi presagi della “musica liquida” e le vendite dei cd fisici sono crollate.
Il mercato quindi è in grave crisi e si continuano a fare dischi augurandosi di riuscire a recuperare almeno i costi di produzione. Il lato positivo della crisi è che, grazie a qualche
“Dea della musica”, sono usciti alla ribalta produttori e discografici che lottano per mantenere alto il livello qualitativo dei progetti artistici, alimentando uno “zoccolo duro” di appassionati che continua a sperare in tempi migliori, ma soprattutto creando speranze per i giovani artisti. Approfitto di questo tema per menzionare il mio produttore Giandomenico Ciaramella della Jando Music e Matteo Pagano della Via Veneto Jazz, il loro lavoro è segno di dedizione e grande amore per la musica.

Un brano finisce per essere influenzato dal luogo in cui è nato? Ad esempio, se in un contesto metropolitano oppure in uno provinciale?
Credo che ogni brano abbia una sua storia compositiva, una vita propria, è un embrione vitale e fin da quando cominci a scriverlo senti che si sviluppa, momento dopo momento, giorno dopo giorno, fino a diventare adulto, da quel momento, quando viene preso in mano dai musicisti ricomincia a cambiare e a modificarsi di nuovo. Ancora adesso, dopo tanti anni di musica, trovo che sia un avvenimento fantastico, nel jazz questo avviene da sempre e continuerà, senza fine.
Per quanto mi riguarda, ho scritto, o forse è meglio dire composto e poi trascritto sulla partitura oltre duecento brani e tutti nei luoghi più vari, da una coda in autostrada dove sono rimasto bloccato cinque ore, all'ombra di un albero nel giardino di casa mia in Austria, oppure appena sveglio, dopo un sogno in cui seguivo in mare una Balena, o ancora in un grattacielo di Tokyo, un piccolo hotel di New York, nella cabina di una nave, dopo una cura in un centro medico… i nostri brani sono autonomi e vivono di vita propria, arrivano da soli e diventano quello che siamo noi, dobbiamo catturarli e farli nostri e poi, ascoltandoli potrai conoscere meglio l’animo di chi li scritti.



Il viaggio dona per te forte ispirazione…
Il viaggio è sempre grande ispirazione, esistono scrittori che hanno “partorito” decine e decine di libri sul tema del viaggio; io nel mio piccolo ho inciso tre cd, una trilogia dove mi racconto in viaggio attraverso la musica. Adoro il viaggio perchè è un mettersi in cammino, dentro e fuori dal corpo. Mi piace anche riflettere che si può viaggiare anche stando seduti, ascoltando musica o leggendo un libro e per finire un'altra cosa che amo del viaggio è l'energia dell'insieme che si sviluppa dagli uomini, le storie delle persone che viaggiano insieme; nelle note di copertina del mio cd Viaggiando, uscito nel 2015, scrivevo:
“ .. per me è più importante sapere con chi viaggerei che sapere dove andrai…”

Oggi sembra contare sempre più l’immagine. Quanta importanza riveste per te?
Vorrei far arrivare l’immagine di quel che sono, solo attraverso l’ascolto della mia musica, perchè nella musica c’è tutta la verità della nostra vita, ecco, mi piacerebbe che la mia immagine arrivasse in questo modo.
Ma non è così facile, quando realizzo un nuovo lavoro, devo avere un ufficio stampa, un esperto di media, le pagine facebook, il sito web, un booking agent e così via.
Abbiamo a che fare con tutta una serie di professionisti che sviluppano la nostra immagine ed il marketing, perchè alla fine quel che vogliamo è che i nostri dischi (pochi o tanti che siano) non rimangano negli scaffali dei negozi, ma arrivino nelle case degli appassionati. Tutto questo a volte diventa un percorso tortuoso che allontana dalla semplice verità che citavo prima, il puro rapporto immagine-musica, ma che di questi tempi funziona e che permette di fare conoscere la nostra musica a tutti. Del resto, se avessimo voluto essere eremiti, sicuramente non avremmo scelto il palcoscenico per esprimerci :)

Avere la massima libertà è importante per chi sta realizzando delle canzoni?
Avere libertà è importante a prescindere da qualunque cosa noi si faccia. Il processo compositivo deve essere sempre libero di esprimersi e per fortuna nel nostro mondo occidentale questo concetto è primario e la libertà rappresenta un valore fondamentale su cui si basa lo sviluppo dell’arte, di tutta l’arte. Nel passato sono esistite molte eccezioni, pensiamo al blues rurale che è nato in America in quel momento storico dove i suoi autori-creatori, afflitti dalla schiavitù, di libertà non ne avevano per niente, da questo possiamo riflettere sul fatto che tutto è relativo! Quindi anche non avere libertà crea i presupposti alla creatività. Qualche settimana fa ho visto il bellissimo film documentario realizzato dalla star del violoncello Yo-Yo Ma, ebbene questo lungometraggio rende molto bene l’idea di quanto la “non libertà” vincoli l’espressione degli artisti, questa meravigliosa orchestra creata da Yo-Yo Ma ha permesso di far conoscere in tutto il mondo la sofferenza di tanti artisti e dei paesi dove la musica è…vietata!
I compositori e i musicisti riflettono nella loro arte l’epoca in cui vivono, o potrei anche dire che la società si riflette in loro, pensiamo al jazz e alla frenesia ritmica del be-bop e al meraviglioso caos organizzato del free jazz, che ben rappresentano le società e il fermento del loro tempo, gli anni ’40 e gli anni ’60 in America. Noi siamo fortunati a esser nati e a vivere nella nostra bella Europa, ora abbiamo il dovere di usare la nostra libertà per fare in modo che la musica sia sempre “libera” da possibili condizionamenti, questa è una “condizione” che dobbiamo rispettare per avere un futuro come artisti.

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