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Source: Libero Quotidiano
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Former CEO of Saatchi & Saatchi Joins Stagwell's (STGW) Forsman & Bodenfors Collective LONDON, Oct. 7, 2024 /PRNewswire/ -- Forsman[…]
Source: Libero Quotidiano
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Source: Repubblica.it
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Source: Gazzetta.it
Intervista con Giovanni Benvenuti
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- Published on Lunedì, 05 Ottobre 2015 16:56
- Scritto da Andrea Turetta
- Visite: 1167
“Che fine ha fatto il signor Bowman” (Emme Record Label), è il disco d’esordio del saxista toscano GIOVANNI BENVENUTI e del suo quartetto composto da Simone Graziano al pianoforte, Francesco Pierotti al contrabbasso, Andrea Grillini alla batteria. Giovanni Benvenuti è nato a Siena il 27 giugno 1989, ha studiato il sassofono tenore e soprano alla Fondazione Siena Jazz. Si è diplomato nel master internazionale In.Ja.m. (International jazz master in tecniche dell’improvvisazione) tenuto a Siena Jazz. Ha vinto nell’ambito del festival di Bologna il premio Massimo Mutti, con giuria composta anche dai membri degli Opus Five. Collabora con la Eskimo Jazz Band diretta da Fabio Morgera. Ecco l’intervista gentilmente concessa dal musicista…
La tua passione per la musica è qualcosa che parte da molto lontano?
Si, sono sempre stato appassionato di musica fin da molto piccolo, tanto che ancora alle elementari mi feci regalare tutta la discografia di Michael Jackson, il mio primo idolo musicale. Ho ascoltato molto rock da piccolo, in particolare il Prog amando particolarmente la PFM, per poi passare gradualmente all’ascolto del Jazz durante le scuole medie. Proprio in quel periodo, a 12 anni, ho iniziato a suonare il sax grazie anche ad un ottimo professore di musica.
Sei soddisfatto di come suona alla fine, il tuo nuovo disco, “Che fine ha fatto il signor Bowman”?
Sono molto soddisfatto del risultato dell’incisione, in particolare perché i musicisti che ho chiamato a lavorare per il progetto hanno saputo arricchire le mie composizione con le loro idee. In fase di prova i brani erano già molto strutturati in partenza ma loro hanno saputo trovare spunti tra le parti scritte rendendoli migliori. Trovo che si possa sentire una bella intesa tra di noi e che, anche se i brani sono miei, suoni in generale come il frutto del lavoro di una squadra invece che di una serie di brani con un solista e degli accompagnatori. In generale tra i miei intenti c’era l’obbiettivo che il gruppo avesse una personalità unica, non la semplice somma di quattro musicisti, e credo che l’obbiettivo sia stato raggiunto.
Quando si entra in sala di registrazione è bene avere già le idee chiare su quanto si vuole ottenere, per coordinarsi al meglio?
Credo dipenda dal tipo di lavoro che si vuole impostare: se avessi registrato un disco di standards o di libere improvvisazioni magari sarebbe stato meglio evitare di avere troppe linee guida per non perdere la spontaneità. Per quanto riguarda il mio lavoro invece il materiale era organizzato molto nei dettagli, le parti erano scritte in modo abbastanza vincolante e si aveva una idea molto chiara di come i brani dovessero funzionare. Per fare questo, oltre a delle partiture abbastanza dense, è stato necessario fare molte prove e diversi concerti prima della registrazione.
L’impressione è che uno dei problemi della musica odierna stia nel fatto che molti artisti vogliono bruciare le tappe. Sarebbe invece bene che il successo arrivasse passo dopo passo, all’insegna della giusta esperienza?
Credo che sia difficile parlare di successo in ambito jazzistico in quanto per quanto un artista possa essere affermato il suo lavoro rimarrà comunque di nicchia. Però si può parlare di visibilità. Credo che quando questa arriva sia bene essere preparati a non deludere le aspettative, avendo quindi sia delle solide basi tecniche che una buona maturità. Per ottenere questa maturità, che in certo senso è una idea molto chiara di come si vuole suonare, ci vuole molto tempo. Tuttavia ci sono musicisti giovanissimi con la maturità di veterani quindi credo che sostanzialmente ognuno abbia la sua storia ed i suoi tempi.
La scuola cosa può fare per il mondo della formazione musicale e per insegnare magari il rispetto verso chi svolge l’attività artistica musicale?
Penso che quello che più manca sia l’educazione all’ascolto: la scuola dovrebbe formare dei buoni ascoltatori prima di dare in mano il flauto dolce. La musica come ogni forma d’arte può essere apprezzata bene solo se ne si capisce il linguaggio e dando in mano un flauto o un altro strumento a chi, senza colpa, non la capisce è come pretendere di far iniziare a parlare una lingua straniera senza averla nemmeno mai ascoltata. Avere buoni ascoltatori oltre a creare maggior attenzione e desiderio verso i concerti arricchirebbe enormemente la vita culturale del nostro paese.
Quando componi sei piuttosto autocritico?
Sono il principale critico di me stesso: prima di prendere per buono un mio brano passano mesi di cambiamenti e ripensamenti. Inoltre prima di portare un brano sul palco lo provo molto e con vari musicisti in modo da avere anche critiche esterne e poter fare un profondo lavoro di lima.
Come pensi si sia evoluto il musicista nel corso degli anni?
Ho 26 anni, quindi non ho potuto assistere realmente ad una trasformazione del musicista ma posso dire che il livello medio strumentale adesso è molto alto e che quindi non si possa più sperare di emergere solo col virtuosismo. Adesso un musicista deve essere anche un compositore e non solo un solista. Questo ha portato anche a concentrarsi sui gruppi che cercano un proprio suono individuale, dando secondo me freschezza ad una musica che troppo spesso viene sacrificata in funzione della competizione tecnica.
Un brano finisce per essere influenzato dal luogo in cui è nato? Ad esempio, se in un contesto metropolitano oppure in uno provinciale?
Il luogo dove si cresce ha un’enorme influenza sulla musica e sull’arte in generale. Sono nato a Siena, una città unica e con caratteristiche singolarissime, come il Palio e tutto ciò che vi è intorno. Sicuramente suonerei diversamente se fossi cresciuto altrove, anche perché ho avuto modo di formarmi al Siena Jazz, una scuola eccezionale dove ho trovato grandi insegnanti ed una struttura ottima. Tuttavia penso che sia stato importante spostarsi a Bologna, una città ricca dal punto musicale dove abitano tanti ottimi musicisti dalle personalità musicali molto variegate, perché mi ha dato modo di confrontarmi con una realtà più ampia che mi ha permesso di suonare con musicisti provenienti da tutta l’Italia.
Il viaggio ti è d’ispirazione?
Il viaggio è sempre un bagaglio di esperienze che ti cambiano e che quindi hanno un forte ripercussione sulla tua vita interiore e la tua musica. In particolare ho avuto modo di fare esperienze abbastanza lunghe in America, a Boston e più a lungo a New York. In Italia spesso si pecca di esterofilia ma penso sia innegabile che il livello musicale di New York sia mediamente senza paragoni; ascoltare tutti i giorni musica di altissimo livello e partecipare a jam con musicisti preparatissimi mi ha dato sicuramente un grande stimolo a migliorarmi.
Oggi sembra contare sempre più l’immagine. Quanta importanza riveste per te?
Io credo casomai di peccare nel verso opposto, nel senso che curo troppo poco la mia immagine e dovrei invece sapermi “vendere” meglio; mi piacerebbe venir valutato solo in base alla mia musica e non in base alle mie abilità di PR. Tuttavia non nego che una parte di me ama stare sul palco al centro dell’attenzione, quindi cerco sempre di presentarmi bene visivamente curando un minimo l’abbigliamento, anche per rispetto verso il pubblico.
Avere la massima libertà è importante per chi sta realizzando delle canzoni?
Sicuramente, credo che il miglior modo per far buona musica sia scrivere qualcosa che piaccia a noi stessi, senza compromessi. Se si suona per noi stessi si avrà più probabilità di fare qualcosa di sincero e questa sincerità in qualche modo arriverà a chi ascolta. Porsi dei limiti non ha senso, l’unico limite è il proprio gusto.
Per chiudere, come ha accolto le nuove canzoni il pubblico che ti segue?
Il disco ha avuto pareri molto positivi sia da musicisti che da semplici ascoltatori. Nei contesti dal vivo ho avuto il piacere di ottenere un’ottima risposta, con tanto di spettatori che battevano le mani a tempo su brani strutturalmente molto complessi.
Per ulteriori info:
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